Domanda:
10 punti x una tesina di geografia risp subito???
anonymous
2008-05-24 11:07:22 UTC
ciao raga devo fare una tesina sull'australia parlando di uno dei suoi problemi più minacciosi la siccità ma nn ho trovasto nnt di lungo e sostanzioso dove nn ci siano solo statistiche ecc...
qnd vi kiedo di aiutarmi a trovare una tesina già fatta sulla siccità anke se nn è sull'australia ma in generale... risp subito al + bravo 10 punti
Quattro risposte:
anonymous
2008-05-24 11:14:11 UTC
Siccità Australia, dromedari abbattuti a migliaia



Centinaia di migliaia di dromedari selvatici resi folli dalla sete, a causa della siccità in Australia, dovranno essere abbattuti, affinché non possano causare ulteriori danni all’ambiente e alle infrastrutture.



È quanto riferiscono oggi gli esperti del Desert Knowledge Cooperative Research Centre. Di recente gli animali avevano attaccato in massa la comunità desertica di Warakurna, distruggendo impianti igienici, rubinetti e condizionatori alla disperata ricerca di acqua. “Si ritiene che un milione di dromedari selvatici, il cui numero raddoppia ogni otto anni, siano in competizione con gli animali originari della zona e il bestiame di allevamento, minacciando le coltivazioni, distruggendo recinzioni, scavi e serbatoi e invadendo i siti aborigeni”, ha detto Glen Edwards, ecologo del Centro. “È da un decennio che i dromedari sono diventati un problema, ma l’ultima siccità, la peggiore da cento anni a questa parte, li ha spinti a concentrarsi su determinate zone, ponendoli in stretto contatto con la popolazione e le attività umane”.



Esperti di camelidi provenienti da tutta l’Australia si incontrano domani a Perth per discutere una strategia in grado di fronteggiare il problema. Parte dei dromedari soppressi potrebbero essere esportati in Medio Oriente, Russia e alcune zone dell’Europa per uso alimentare umano o animale. Secondo il portavoce del centro, il modo migliore per sopprimere gli animali sarebbe quello di abbatterli a fucilate dagli elicotteri. I dromedari erano stati introdotti nell’Outback australiano alla fine del 19esimo secolo per essere allevati, ma si inselvatichirono quando si moltiplicò la costruzione di strade e ferrovie.



Quella degli animali introdotti in Australia come bestie da soma o per allevamento, o anche solo per caso, che poi si sono moltiplicati a dismisura è una antica piaga dell’Australia. Tra loro il ministero dell’agricoltura elenca come “rilevante minaccia” dromedari, cavalli, asini, maiali, conigli, volpi, gatti, capre e rospi. Con pochi predatori naturali e un territorio vasto e scarsamente popolato, gli animali importati hanno soverchiato le speci autoctone, distruggendone l’habitat e diffondendo malattie, tanto che il governo sta valutando il rapporto di una commissione ad hoc che prefigura lo sterminio totale di determinate specie.



Oggi, perfino le riserve di acqua dolce del pianeta sono minacciate dalla combinazione di siccità, eccesso di coltivazione e pascolo. In Africa orientale, le falde acquifere sono scese a profondità tali per cui nella regione si prevedono gravi carenze già a partire da questo decennio. Sorte analoga toccherà ai cinque paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo. Le falde acquifere del Messico stanno precipitando rapidamente



L’acqua dolce, un tempo considerata una risorsa praticamente inestinguibile, sta diventando scarsa in molte aree del pianeta. Fra il 1940 e il 1980, a livello mondiale, l’uso di acqua è raddoppiato, in gran parte per soddisfare i bisogni di una popolazione umana in rapida crescita. Il 70 per cento di tutta l’acqua consumata è destinata all’agricoltura: alla coltivazione di alimenti umani e animali. Oggi, il 15 per cento delle terre agricole nel mondo – circa 270 milioni di ettari – viene irrigato, con un consumo complessivo annuo di quasi 4000 miliardi di metri cubi d’acqua l’anno. Si prevede che fra breve il fabbisogno d’acqua per irrigazioni agricole aumenti fra il 25 e il 30 per cento. Negli Stati Uniti, soprattutto negli stati dell’Ovest, la carenza di acqua dolce è a livelli critici, con un consumo che eccede del 25 per cento la capacità di rigenerazione. Sebbene gli americani si stiano rendendo conto del problema che investe la parte occidentale del paese, sono inconsapevoli del ruolo che l’allevamento di bovini e di altro bestiame ha nell’abbassamento delle falde acquifere.



Quasi metà dell’acqua consumata negli Stati Uniti è destinata alle coltivazioni di alimenti per bovini e altro bestiame. Per produrre un chilo di carne di bovino allevato a cereali sono necessari centinaia di litri d’acqua, che servono all’irrigazione della terra su cui vengono coltivati i foraggi. L’economista Frances Morre Lappé nota che “l’acqua utilizzata per produrre cinque chilogrammi di carne bovina, equivale al consumo domestico complessivo della [mia] famiglia in un anno”. Ricorre a una metafora il giornalista di “Newsweek”, quando scrive: “Nell’acqua necessaria per dissetare un manzo di 450 chili si potrebbe far galleggiare un incrociatore”. Secondo David Pimentel, produrre un chilogrammo di proteine animali richiede quindici volte più acqua di quella necessaria per produrre la stessa quantità di proteine vegetali. Oggi, gran parte dell’acqua dolce disponibile in Nordamerica viene utilizzata per la coltivazione di cereali destinati all’alimentazione animale: il risultato è che le falde acquifere del Midwest e delle Grandi Pianure si stanno rapidamente esaurendo, e che la carenza sta rapidamente cambiando le modalità di utilizzo dell’acqua nei settori industriali, commerciali e domestici. E’ già accaduto che, nella zona occidentale del paese, alcune città e quartieri residenziali abbiano subito razionamenti di acqua, con forti limitazioni all’uso domestico e industriale. Di rado, però, i consumatori sono informati del fatto che il divieto di innaffiare prati, lavare automobili e utilizzare acqua per scopi di non immediata necessità, è dovuto alle enormi quantità di acqua pompate per far crescere i cereali destinati all’alimentazione di bovini e di altro bestiame.



Quasi la metà dei bovini allevati a cereali negli Stati Uniti vengono cresciuti in stati del West o del Midwest, che attingono ad un’unica falda. La falda Ogallala è una delle più grandi riserve sotterranee d’acqua al mondo: si estende dal Texas al South Dakota, attraverso otto stati, coprendo un’area tre volte superiore a quella dello stato di New York. Oggi, gli agricoltori attingono dalla falda Ogallala una quantità d’acqua superiore a quella che scorre annualmente nel fiume Colorado. Gran parte di quest’acqua è pompata dagli stati cerealicoli, per irrigare la terra su cui crescono i cereali destinati ai milioni di bovini allevati nelle praterie del West e nelle stalle d’ingrasso del Midwest. Negli ultimi quarant’anni sono stati prelevati, da questa riserva sostanzialmente non rinnovabile, circa 480 chilometri cubi d’acqua. Gli idrogeologi stimano che la falda sia già dimezzata in Kansas, Texas e New Mexico. In Texas, un quarto dell’acqua presente nel sottosuolo è già stata utilizzata e, nella parte settentrionale dello stato, molti pozzi in cui sono prevalenti le coltivazioni intensive di sorgo destinato all’alimentazione bovina, si stanno esaurendo. Il livello delle falde acquifere è ormai così basso che lo U.S. Department of Agricolture prevede che in meno di quarant’anni le aree irrigue delle Grandi Pianure “si debbano ridurre del 30 per cento”.



In California, dove il 42 per cento di acqua dolce è destinata all’irrigazione di cereali bovini per alimentazione animale e all’abbeveraggio di bovini e altro bestiame, le falde acquifere sono scese così in profondità che si registrano fenomeni di subsidenza: circa 13.000 metri quadrati nella San Joaquin Valley sono sprofondati, in alcuni punti di quasi dieci metri. Dalle falde della San Joaquin Valley viene attinta acqua a “un ritmo che supera la capacità di rigenerazione di 2000 miliardi di litri all’anno”.



Gli allevatori del West hanno a lungo goduto del privilegio di accedere alle risorse idriche locali. Nei primi tempi, essi fecero in modo di costruire i propri recinti vicino a fiumi e torrenti, per soddisfare il bisogno d’acqua della mandria. Il controllo sui “diritti d’acqua” ha contribuito a garantire agli allevatori il potere politico ed economico necessario per dettare condizioni sull’uso dei territori vergini. Oggi, numerosi torrenti e fiumi che attraversano le praterie sono ridotti a rigagnoli, o completamente disseccati, a causa dell’eccesso di pascolo, dell’erosione del suolo e della desertificazione.



Sfortunatamente, le attuali normative tributarie federali incentivano agricoltori e allevatori a pompare sempre più acqua dalla falda acquifera sotterranea. In New Mexico, Texas e Kansas, il proprietario di un terreno ha diritto di sfruttamento totale della falda acquifera sottostante, per compensare “il fatto che i costi di pompaggio aumentano con l’abbassamento del livello di trivellazione per raggiungere la falda”. Anche il costo d’acquisto degli utensili di trivellazione e pompaggio è deducibile dal reddito imponibile: negli Stati Uniti, la metà del costo di realizzazione di impianti di irrigazione è stato sopportato dal governo federale che, in effetti, ha sussidiato agricoltori e allevatori con fondi pubblici.



Negli ultimi novant’anni, il governo federale ha sponsorizzato “trentadue progetti di irrigazione in diciassette stati del West, dove il 20 per cento dei terreni agricoli sono ora irrigati grazie al contributo del governo federale”. Lappé riferisce di uno di questi progetti, nei pressi di Pueblo, Colorado, finanziato dal governo federale con 500 milioni di dollari, finalizzato a un piano di irrigazione a favore dei coltivatori di sorgo, mais ed erba medica destinati all’alimentazione animale. Il GAO calcola che il costo idrico di queste coltivazioni sia prossimo a 54 centesimi di dollaro per acre-foot, anche se l’onere per gli agricoltori è di soli 7 centesimi per acre-foot. Nello Utah, gli agricoltori pagano 18 dollari per acre-foot per l’acqua proveniente dal Bonneville Water Project, mentre il governo federale per garantire l’acqua sostiene un onere di 306 dollari per acre-foot. Spesso, secondo anal
anonymous
2008-05-24 18:38:45 UTC
John Howard, il primo ministro australiano che sbeffeggiava i teorici del riscaldamento globale e rifiutava di incontrare Al Gore per una discussione sulle conseguenze dell’effetto serra, ha invitato i suoi concittadini a pregare. Se entro sei settimane non pioverà, l’Australia dovrà bloccare fino al maggio 2008 l’irrigazione dei campi, l’unica misura che potrà consentire alla gente di avere ancora un po’ d’acqua per bere, lavarsi e cucinare. Se Dio non ascolterà le preghiere di Howard, saranno bloccate le chiuse del bacino dei fiumi Murray e Darling, che produce il 40 per cento del cibo dell’Australia e che è grande come Francia e Spagna messe insieme. Milioni di alberi da frutta e di ulivi moriranno, con le piante di riso e di cotone, gli agrumi, le mandorle, i vigneti. Moriranno le pecore e le mucche, e circa 50 mila farmers dovranno lasciare le fattorie che abitano da generazioni in quella che, agli emigrati che la colonizzarono all’inizio dell’800, sembrava una terra protetta dal cielo. Per la prima volta, gli effetti del riscaldamento globale si abbattono in modo devastante su di una nazione sviluppata, una delle più potenti e progredite del mondo. John Howard, come molti altri, pensava che siccità e carestie fossero una prerogativa del Corno d’Africa, che mai ci avrebbero colpito nelle nostre confortevoli case.



Insieme a George Bush, è stato l’unico leader di un paese industrializzato a non firmare il protocollo di Kyoto, permettendo all’Australia di restare in testa alla classifica mondiale del consumo di energia e di emissioni di CO2 per abitante e di progettare come se niente fosse nuove centrali a carbone. Sono bastati sei anni di scarse precipitazioni, aggravate dagli ultimi terribili sei mesi, a mettere il paese in ginocchio. Se gli alberi moriranno, ci vorranno da cinque a dieci anni prima che nuove piante siano in grado di produrre frutta e lo stesso vale per i vigneti e molte altre coltivazioni. I prezzi dei generi alimentari stanno già salendo e i danni per l’economia australiana saranno enormi. Il bacino del Murray-Darling era stato indicato poche settimane fa dalla Fao come uno di quelli più a rischio tra i grandi fiumi del mondo.



Nel rapporto si denunciavano la cattiva gestione idrica che portava ad uno spreco d’acqua e l’evidente brusco calo della portata dei due fiumi dovuta all’evaporazione. La riduzione negli ultimi anni del 60 per cento dei raccolti e i suicidi di decine di agricoltori che avevano perso tutto hanno lasciato il governo insensibile, fermo a scrutare se nel cielo fosse in arrivo qualche nuvola che avrebbe risolto tutto. Solo il mese scorso, a pochi mesi dalle elezioni federali, è stato approvato un piano per centralizzare la gestione dei fiumi (che era affidata a quattro stati diversi), per coprire i canali e ridurre gli sprechi. Se non pioverà, il piano, già presentato con drammatico ritardo, non servirà a nulla. Howard ha annunciato che invierà la polizia e l’esercito lungo i fiumi, per garantire che la poca acqua riamasta arrivi alle case di Canberra, Adelaide e Melbourne. La settimana scorsa, il segretario agli Esteri inglese, Margaret Beckett, aveva presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu un rapporto nel quale si sottolineava il pericolo di conflitti armati dovuti al riscaldamento globale a causa della mancanza d’acqua, di cibo e di terre coltivabili. Nel Darfour, un conflitto già devastante è stato aggravato dalla lotta tra arabi e africani per la conquista dell’acqua disponibile e anche il governo australiano si prepara a quanto pare ad affrontare una simile emergenza. In Australia sta arrivando l’autunno, che dovrebbe placare la forza del Niño, la corrente del Pacifico considerata responsabile della siccità. Ma tutti gli esperti sono concordi che dovrà piovere molto a lungo per rimediare all’attuale situazione e le previsioni non sono favorevoli. Rimasta immobile per sei anni ad aspettare che finalmente le stagioni tornassero come prima, l’Australia rischia di diventare un drammatico simbolo per tutte le altre nazioni industrializzate del mondo e per le loro politiche ambientali. Come ha scritto con un gioco di parole l’Independent di Londra, quello che sta accadendo in Australia non è «global warming» (riscaldamento globale) ma «global warning»: un avvertimento per tutti.





Ci voleva la peggiore siccità degli ultimi cento anni per piegare i farmers australiani. Pionieri, gente tosta, uomini - e donne - abituati a vivere nell’isolamento dell’outback, a viaggiare giorni per farsi un giro di vetrine in città, a macinarsi centinaia di chilometri in jeep solo per scambiare due chiacchiere con i vicini, abiutati a contare solo su se stessi. Ma capaci di singhiozzare come bambini raccontando alla radio la disperazione di vedere le loro terre, i pascoli del loro bestiame inaridirsi, riempirsi di crepe riarse, avvizzire.



Uno spettacolo così duro da sopportare che molti non lo reggono. Ogni quattro giorni se ne suicida uno, dicono i servizi sociali. Ormai è allarme nazionale: il primo ministro John Howard ha annunciato lo stanziamento di 350 milioni di dollari australiani (263 milioni di dollari statunitensi). Non solo per gli aiuti materiali a un’economia a rischio di collasso, ma anche per pagare una squadra di sessanta psicologi. Una variante freudiana dei mitici flying doctors che andranno, di fattoria in fattoria, a rincuorare agricoltori e allevatori.



Con delicatezza, perché sono vecchia scuola, abituati ad affrontare le avversità a muso duro; quando sono davvero nei guai faticano a confidarsi, a chiedere aiuto, a rassegnarsi. Piuttosto intensificano le visite al pub, diventano scontrosi e violenti, quando non ce la fanno davvero più, vanno ad aggiornare le statistiche. Impietose: ogni anno sono circa 2000 gli australiani suicidi, ma la media fra gli agricoltori è il doppio di quella nazionale, mentre i depressi accertati sono oltre 300 mila. Per contro, nell’interno vive appena il 10% della popolazione. Va avanti così da cinque anni, questo è il sesto, nella terra che fu l’Eden dei primi colonizzatori, già provata ma non vinta dal disboscamento, dall’allevamento intensivo, dall’introduzione di specie animali e vegetali aliene e invasive.



Un disagio crescente, invincibile, che si aggiunge alle difficoltà storiche della vita rurale in Australia. Che si chiamano isolamento, alcolismo, disagio familiare, fatica. Una vita da cui i giovani scappano, sempre più numerosi. Stanchi di seguire le lezioni via radio (ultimamente via internet), di vedere coetanei, concerti e discoteche solo in tv, di sposarsi con il figlio/a della famiglia più vicina perché non conoscono nessun altro e comunque nessun altro verrebbe mai a stare lì. Ora, con la siccità, è sempre peggio, perché non c’è nemmeno più il miraggio dei soldi sicuri a consolarli. Che l’interno, il pur amatissimo e decantato outback, il Far West aussie, fosse un inferno da frequentare solo nei weekend, la maggior parte degli australiani l’ha sempre pensato.



E infatti se ne è tenuto ben alla larga, per costruire rifugi di civiltà lungo la costa. Ma la siccità riguarda ormai i tre quarti dell’immenso territorio, minaccia tutti: nel paradiso tropicale del Queensland la città di Toowoomba ha indetto un referendum sul possibile riciclaggio delle acque reflue; Brisbane sta organizzando un sistema di dighe per raccogliere l’acqua piovana; lungo la Gold Coast e a Sidney si stanno realizzando progetti per desalinizzare l’oceano; a Melbourne, dove fra settembre e ottobre le precipitazioni sono calate del 90% rispetto agli anni precedenti, le risorse idriche ormai sono razionate. Non si tratta solo del giardinetto di casa, anche l’industria è stata invitata all’austerità e al rigore.



La situazione è destinata a peggiorare con l’arrivo del Nino, che promette una fine d’anno infuocata: a ottobre, le temperature della primavera australe sono già torride come in piena estate, gli incendi divampano, i fiumi evaporano, i raccolti seccano prima di maturare, l’erba diventa fieno ancora sullo stelo. Nelle fattorie ci si prepara a un’estate terribile, con la prospettiva di sacrificare i risparmi residui per acquistare l’acqua indispensabile ai raccolti e agli animali. Per molti, raccontano gli psicologi, il trauma peggiore, persino superiore al problema finanziario, è quello di vedere andare in malora le terre di famiglia, patrimonio di ricordi, di tradizioni, di sacrifici di generazioni. Nell’Ultima spiaggia, filmone hollywoodiano datato 1959, l’Australia era l’unico scampolo di pianeta a essere, temporaneamente, scampato all’ecatombe nucleare e a offrire rifugio ai sopravvissuti. Nella realtà, il nuovissimo continente oggi è in prima linea sul fronte della nuova catastrofe annunciata, il riscaldamento globale. Un esperimento dal vivo che coinvolge 20 milioni di persone.





Un Paese a secco

L'Australia è colpita dalla peggiore siccità di sempre. Salgono i danni all'economia, come le restrizioni all'uso d'acqua







L'estate in Australia è già finita, ma la peggiore siccità di sempre non accenna a smettere. Dal 2002 in Australia piove meno, piove troppo poco, estate o inverno fa poca differenza: quello che all'inizio era considerato un evento climatico ciclico viene visto ora come una conseguenza del riscaldamento globale causato dall'uomo. Il conto lo stanno pagando tutti: l'economia nazionale, gli agricoltori dello sterminato outback ma anche gli abitanti delle grandi città, dove sono in vigore restrizioni all'uso d'acqua sempre più rigide. Tanto che si comincia a pensare a un futuro diverso, in cui l'acqua non sarà più abbondante e bisognerà prendersela in altri modi.



I danni all'economia. La siccità dura da sei anni e l'economia ne risente. Nell'ultimo inverno, le esportazioni di
Alessio S
2008-05-24 18:36:47 UTC
vai su google e scrivi tesine sulla siccità ed troverai siti dove la tesinma e già completamente realizzata niente di più facile.
emmegi00
2008-05-24 18:17:08 UTC
Un Paese a secco

L'Australia è colpita dalla peggiore siccità di sempre. Salgono i danni all'economia, come le restrizioni all'uso d'acqua





L'estate in Australia è già finita, ma la peggiore siccità di sempre non accenna a smettere. Dal 2002 in Australia piove meno, piove troppo poco, estate o inverno fa poca differenza: quello che all'inizio era considerato un evento climatico ciclico viene visto ora come una conseguenza del riscaldamento globale causato dall'uomo. Il conto lo stanno pagando tutti: l'economia nazionale, gli agricoltori dello sterminato outback ma anche gli abitanti delle grandi città, dove sono in vigore restrizioni all'uso d'acqua sempre più rigide. Tanto che si comincia a pensare a un futuro diverso, in cui l'acqua non sarà più abbondante e bisognerà prendersela in altri modi.





I danni all'economia. La siccità dura da sei anni e l'economia ne risente. Nell'ultimo inverno, le esportazioni di frutta e verdura sono calate del 60 percento, in particolare per il crollo del raccolto di grano. Nei primi rapporti del 2007, l'Ufficio nazionale per l'agricoltura ha previsto un dimezzamento dei raccolti di cotone, coltura che richiede grandi quantità d'acqua, e un crollo del 90 percento della produzione di riso. Il governo di John Howard ha calcolato che la siccità dovrebbe togliere tre quarti di punto percentuale al prodotto interno lordo per il 2006-2007. Per assistere le aziende colpite dalla scarsità di piogge, Canberra ha quasi raddoppiato (più 83 percento) i sussidi agricoli.





Misure restrittive. La mancanza d'acqua non riguarda solo le regioni occidentali, tradizionalmente più aride. Anche le grandi città del sud-est, come Sydney e Melbourne, applicano da anni restrizioni all'uso d'acqua, che a seconda dei periodi sono più o meno rigide. Al momento, a Sydney è vietato lavare la macchina con la pompa: si può usare solo un secchio. Irrigare il giardino è permesso solo in due fasce orarie di mercoledì e sabato. Per riempire una piscina serve un'autorizzazione speciale. I risultati si sono visti: negli ultimi tre anni, la città ha tagliato i consumi del 13 percento. Ma a livello nazionale la situazione rimane preoccupante. Lo scorso autunno, un'azienda elettrica ha esortato la gente a tralasciare le “attività non essenziali” sotto la doccia, come canticchiare, per risparmiare acqua e corrente. Gli australiani sono anche stati invitati a mangiare meno carne, perché l'allevamento richiede più risorse idriche rispetto all'agricoltura.





Nuovi progetti. Oltre a tirare la cinghia, nel Paese sono in via di elaborazione diversi progetti per la fornitura d'acqua. Il prossimo luglio, Sydney inizierà la costruzione di un impianto di desalinizzazione, che renderà potabile l'acqua di mare. Perth ha già un'infrastruttura simile, Adelaide e Melbourne ci stanno pensando; ma questi progetti hanno provocato le proteste degli ambientalisti, perché tali impianti richiedono una grande quantità di energia per funzionare. Ancora più controverso, però, è un progetto della città di Brisbane, per far diventare potabile l'acqua delle fogne. Le autorità locali avevano promesso un referendum per decidere; ma poi hanno imposto il loro “sì”, sostenendo che non si poteva correre il rischio di affossare il progetto. Lo stato dell'Australia Occidentale, tra i più colpiti dalla scarsità di piogge, ha anche pensato a un acquedotto lungo oltre 3.500 chilometri, per trasportare acqua da una regione ricca di precipitazioni. Il progetto, ritenuto troppo costoso, è saltato. Ma se la tendenza non si rovescerà, l'Australia potrebbe essere costretta in futuro a escogitare soluzioni ancora più radicali.



È la più grave degli ultimi cento anni, la siccità che sta mettendo in ginocchio l'Australia. Le conseguenze, specie per le zone rurali, sono molto pesanti: campagne ridotte a deserti, agricoltori disperati e prezzi dei generi alimentari saliti alle stelle. Anche gli abitanti del centro del paese, però, hanno i loro problemi. La mancanza d’acqua e di risorse rende infatti più attivi i serpenti velenosi, che si spingono nei centri urbani in cerca di cibo. «Questa estate si preannuncia particolarmente "affollata" per noi – ha dichiarato Rex Neindorf, direttore del Reptile Centre locale - perché nella regione di Alice Springs non piove da molti mesi». Durante lo scorso weekend, la linea di emergenza del centro, attiva 24 ore su 24, ha ricevuto una decina di telefonate, una delle quali ha portato alla cattura di un esemplare di Pseudonaja textilis, uno dei più veloci e aggressivi serpenti australiani. Il rettile è stato poi trasferito in una località sicura.



La siccità prolungata ha ridotto la disponibilità di risorse alimentari, per cui un numero sempre maggiore di esemplari si sposta in cerca di un pasto. «I serpenti non sudano – spiega Neindorf – per cui non hanno quasi bisogno di bere, ma dipendono dal cibo per mantenere i fluidi del corpo a livelli ragionevoli». La minaccia è diventata così imponente che le autorità australiane hanno raccomandato agli abitanti delle zone interessate di programmare il numero della linea di emergenza del Reptile Centre nel proprio cellulare, o di tenerlo in evidenza in un posto sicuro. «Quando qualcuno vede un serpente e ce lo riferisce, raccomandiamo di osservarlo da una distanza di sicurezza compresa tra cinque e dieci metri», ha concluso il direttore del centro.

L'agricoltura nel Sud Est dell'Australia stremata dalla siccità è alle corde. Fra poche settimane, se non piove più che in abbondanza, sarà vietato usare l'acqua per irrigare i campi, così da preservare quel poco che resta affinchè continui ad uscire dai rubinetti delle case.



Altre info:

http://news.kataweb.it/item/289337

http://www.3bmeteo.com/giornale/meteo_articolo-5870.htm

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200610articoli/12672girata.asp


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
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