Domanda:
E' urgente!!!!!!!!!!! 10 pt subito?
2008-03-22 04:44:55 UTC
mi potete aiutare a fare un tema sulla guerra?
grazie 1000
Undici risposte:
2008-03-22 04:50:29 UTC
La guerra è un evento sociale e politico generalmente di vaste dimensioni che consiste nel confronto armato fra due o più soggetti collettivi significativi. Il termine "guerra" deriva dalla parola gwarra dell'antico alto tedesco, che significa "mischia". Nel diritto internazionale, il termine è stato sostituito, subito dopo la seconda guerra mondiale, dal più ampio e preciso di "conflitto armato".



Si giunge alla guerra quando il contrasto di interessi economici, ideologici, strategici o di altra natura non riesce a trovare una soluzione negoziata, o quando almeno una delle parti percepisce l'inesistenza di altri mezzi per il conseguimento dei propri obiettivi.



La guerra è preceduta da:



un periodo di tensione, che ha inizio quando le parti percepiscono l'incompatibilità dei rispettivi obiettivi;

un periodo di crisi, che ha inizio quando le parti non sono più disponibili a trattare tra di loro per rendere compatibili tali obiettivi.

Nei periodi di tensione e di crisi si sviluppa l'attività politica e diplomatica di tutta la comunità internazionale per evitare il conflitto: in tali periodi, le forze armate giocano un ruolo rilevante nel dimostrare la credibilità e la determinazione dello Stato, con lo scopo deterrente di rendere evidente all'antagonista la sproporzione fra l'obiettivo da conseguire ed il costo, sociale e materiale, di una soluzione militare. La guerra quindi può essere evitata quando ambedue i contendenti percepiscono questo sfavorevole rapporto.



Carl von Clausewitz, nel suo libro Della guerra, compie una analisi del fenomeno guerra: «La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi» e «La guerra è un atto di forza che ha lo scopo di costringere l'avversario a sottomettersi alla nostra volontà.»



La guerra in quanto fenomeno sociale ha enormi riflessi sulla cultura, sulla religione, sull'arte, sul costume, sull'economia, sui miti, sull'immaginario collettivo, che spesso la trasfigurano esaltandola o condannandola.



Le guerre sono combattute per il controllo di risorse naturali, per risolvere dispute territoriali e commerciali, per motivi economici, a causa di conflitti etnici, religiosi o culturali, per dispute di potere, e per molti altri motivi.[citazione necessaria] In Europa non si sono più combattute guerre per motivi religiosi dal 1648, anno della pace di Westfalia che chiuse la guerra dei trent'anni.

Fino alla seconda guerra mondiale era prassi di diritto internazionale consuetudinario ampiamente osservata il far precedere le ostilità da una dichiarazione di guerra.



Le alleanze militari fra Stati obbligavano i firmatari a entrare nel conflitto se una nazione violava la neutralità e l'integrità territoriale, invadendo i confini esteri con le proprie truppe, oppure ne manifestava la volontà con una dichiarazione di guerra: i patti di mutua assistenza militare propagavano rapidamente le dimensioni dei conflitti.



Generalmente, il conflitto armato inizia a partire da un evento specifico (il cosiddetto casus belli): un'invasione militare, l'uccisione nemica di concittadini, quali soldati (come nel caso del bombardamento della Siria da parte di Israele), o beneficiari dell'immunità diplomatica, quali ambasciatori (come nel caso dell'omicidio dell'ambasciatore israeliano Argov a Londra, il 4 giugno 1982, cui seguì l'invasione israeliana del Libano), capi di Stato o reggenti (come per l'Austria di Ferdinando I nella prima guerra mondiale). Anche incidenti diplomatici possono innescare crisi che si risolvono in un conflitto armato, a causa di inosservanze dei protocolli diplomatici, come non presentarsi ad una convocazione o rifiutare di ricevere un ambasciatore, ingerenze politiche sulle nomine, dichiarazioni offensive senza scuse o smentite ufficiali degli organi di stampa ed eventuali dimissioni del dichiarante. Preso a sè, il casus belli può essere anche non molto grave, ma la sua importanza è amplificata dalle tensioni e dagli attriti già esistenti.



La guerra spesso si manifesta insieme a un periodo di sospensione dello Stato di diritto nel quale il diritto e la giustizia militare si sosituiscono a tutte le altre fonti della giurisprudenza.



Con l'avvento dell'ONU, il cui statuto condanna lo Stato aggressore e consente allo Stato aggredito di difendersi con immediatezza, la dichiarazione di guerra è praticamente scomparsa dallo scenario internazionale. Molte Costituzioni, fra le quali quella italiana, ammettono la guerra di sola difesa. Nessuno Stato è infatti disposto a dichiararsi aggressore tramite una tale procedura, mentre infiniti sono gli appigli per dichiararsi aggredito. In definitiva lo Statuto dell'ONU, che nelle intenzioni doveva servire a far scomparire la guerra, ha fatto invece scomparire soltanto la dichiarazione di guerra.[citazione necessaria]



Secondo quanto osservato da von Clausewitz, la guerra non è accesa dall'azione di chi offende, ma dalla reazione di chi si difende: se non ci fosse reazione, infatti, si verificherebbe una occupazione e non un conflitto armato. Tale fu il caso, ad esempio, dell'Anschluss, ovvero l'invasione dell'Austria da parte della Germania nel 1938.



Si ha pertanto l'inizio della guerra quando si verifica il primo combattimento fra forze contrapposte.

Nell'economia di guerra, lo Stato nazionale emette una quantità di moneta crescente che è garantita da una percentuale sempre più piccola di controvalore nella riserva. Una simile emissione causa svalutazione e iperinflazione che impoveriscono la popolazione e azzerano il potere d'acquisto dei salari e della moneta durante il conflitto. La percentuale a riserva scende a un valore talmente basso che viene introdotto dai Governi il corso forzoso della moneta.



In vista dei conflitti, ingenti ricchezze vengono tesaurizzate in oro, in attesa di migliori opportunità d'investimento nel periodo di pace. L'oro non è un investimento in sé conveniente perché non genera interessi, diversamente dalla finanza o da un investimento produttivo. Tuttavia, l'oro è un metallo che conserva il suo valore nel tempo, mentre la moneta si deprezza.



Durante la guerra, l'oro è anche il mezzo di pagamento per eccellenza, praticamente per tutte le transazioni economiche di una certa entità.



Gli Stati si rivolgono a banchieri e soggetti che detengono riserve d'oro (o in altro metallo) per ottenere prestiti per finanziare la costruzione di industrie militari e l'acquisto di armamenti. La spesa militare è una voce rilevante della spesa pubblica e causa del debito pubblico; è poi la voce prevalente in tempi di guerra.



Se la moneta è a corso forzoso, ossia non garantita da riserve, lo Stato ugualmente si rivolge a banchieri privati che detengono l'esclusiva legale nell'emissione di moneta oppure anticipano all'industria militare le somme dovute dallo Stato.

Numerose convenzioni, che nel loro insieme costituiscono il diritto bellico, regolamentano il comportamento in guerra. Le più importanti sono le convenzioni dell'Aja del 1899 e del 1907.



Il diritto bellico è affiancato dal diritto umanitario, volto alla protezione delle vittime di guerra. Le più importanti ed attuali convenzioni di diritto umanitario sono le convenzioni di Ginevra del 1949 ed i suoi protocolli aggiuntivi, due del 1977 ed uno del 2005.



Interpretazioni estensive del diritto umanitario hanno portato a considerare legittima l'ingerenza umanitaria, ovvero l'intervento dall'esterno in fatti interni di uno Stato quando questi fatti costituiscano violazione evidente dei diritti dell'uomo. L'ingerenza umanitaria ha giustificato nel passato interventi militari consacrati da una Risoluzioni ONU per costringere i governi a rispettare quei diritti fondamentali. Analoga ingerenza potrebbe essere autorizzata per proteggere beni culturali ritenuti patrimonio dell'umanità.



Le costituzioni di molti Stati ammettono la guerra di sola difesa, vietando alle forze militari del paese di attaccare civili, militari e infrastrutture sul suolo di un altro paese o comunque appartenenti ad un altro Stato sovrano. La costituzione italiana, con l'articolo 11, è una delle più esplicite: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.»[1]



Inoltre, lo statuto dell'ONU consente l'immediata difesa di un paese aggredito, ma vieta l'intervento degli altri Stati membri, per evitare una propagazione incontrollata del conflitto. Questo elemento contrasta con altri accordi militari come quello della NATO, che impongono solidarietà militare nel caso di attacco di uno Stato membro.
Samantha C
2008-03-22 12:56:59 UTC
La guerra è un evento sociale e politico generalmente di vaste dimensioni che consiste nel confronto armato fra due o più soggetti collettivi significativi. Il termine "guerra" deriva dalla parola gwarra dell'antico alto tedesco, che significa "mischia". Nel diritto internazionale, il termine è stato sostituito, subito dopo la seconda guerra mondiale, dal più ampio e preciso di "conflitto armato".



Si giunge alla guerra quando il contrasto di interessi economici, ideologici, strategici o di altra natura non riesce a trovare una soluzione negoziata, o quando almeno una delle parti percepisce l'inesistenza di altri mezzi per il conseguimento dei propri obiettivi.



La guerra è preceduta da:

un periodo di tensione, che ha inizio quando le parti percepiscono l'incompatibilità dei rispettivi obiettivi;

un periodo di crisi, che ha inizio quando le parti non sono più disponibili a trattare tra di loro per rendere compatibili tali obiettivi.



Nei periodi di tensione e di crisi si sviluppa l'attività politica e diplomatica di tutta la comunità internazionale per evitare il conflitto: in tali periodi, le forze armate giocano un ruolo rilevante nel dimostrare la credibilità e la determinazione dello Stato, con lo scopo deterrente di rendere evidente all'antagonista la sproporzione fra l'obiettivo da conseguire ed il costo, sociale e materiale, di una soluzione militare. La guerra quindi può essere evitata quando ambedue i contendenti percepiscono questo sfavorevole rapporto.



Carl von Clausewitz, nel suo libro Della guerra, compie una analisi del fenomeno guerra: «La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi» e «La guerra è un atto di forza che ha lo scopo di costringere l'avversario a sottomettersi alla nostra volontà.»



La guerra in quanto fenomeno sociale ha enormi riflessi sulla cultura, sulla religione, sull'arte, sul costume, sull'economia, sui miti, sull'immaginario collettivo, che spesso la trasfigurano esaltandola o condannandola.



Le guerre sono combattute per il controllo di risorse naturali, per risolvere dispute territoriali e commerciali, per motivi economici, a causa di conflitti etnici, religiosi o culturali, per dispute di potere, e per molti altri motivi.In Europa non si sono più combattute guerre per motivi religiosi dal 1648, anno della pace di Westfalia che chiuse la guerra dei trent'anni.





nn sò se è quello ke chidevi ma spero di sì!!!!!!!!
2008-03-22 11:49:58 UTC
La guerra e....scusa di alla prof ke te l'ha mangiato il cane :D:D
2008-03-22 11:48:09 UTC
poi qnd dovrai fare un tema in un compito in klasse veniamo e te lo facciamo noi?? nn è meglio k lo fa da sl???
Smok
2008-03-22 11:48:03 UTC
La guerra è una *****
2008-03-22 11:48:00 UTC
booooooooooommmmmmm!!!!

zang!!! tung!!!!!bombombooomboomb!!!!

trattratratra!!!!!!!!
2008-03-22 11:47:59 UTC
nn penso sia cosi' urgente ..visto k nn si va ascuola fino a mercoledi'!!
2008-03-22 11:47:32 UTC
erano in guerra anno vinto gli americani
Domenico Rosario C
2008-03-22 11:47:31 UTC
la guerra è guerra!
titti
2008-03-22 11:48:31 UTC
Traccia:

Qual è il tuo pensiero sulla guerra? La giustifichi? In particolar modo cosa pensi sull’intervento dell’Italia in vari paesi in stato di guerra disseminati nel mondo?

Svolgimento:



Penso che nessuno ama la guerra, se non qualche fanatico militarista. La guerra è distruzione, violenza, sopraffazione. Nella guerra le norme basilari dell’umanità vengono distrutte, quindi essa di per sé è sempre da condannare. Enunciato questo principio generale, cui nessuno può venir meno, occorre, a mio parere, fare dei distinguo, cioè giustificare l’intervento militare in alcuni casi ben precisi. Questo non vuol dire che io giustifichi la guerra in quanto tale, che resta per me ingiustificabile, ma vuol dire che in alcuni casi, di fronte alla violenza esercitata da altri, la logica umana considera giusto opporsi. Anzitutto, se qualcuno volesse impossessarsi dell’Italia, sostituire un regime democratico con uno dittatoriale, espandere il proprio territorio ai danni della mia nazione, io mi opporrei. Non c’è bisogno di essere patriottici o nazionalisti per capire che questo intervento militare sarebbe giustificato, come lo è la legittima difesa, quando una persona reagisce, se aggredita. Il problema, invece, si pone se la violenza viene perpetuata non nel territorio della mia nazione, ma da un’altra parte del mondo, magari lontanissima dall’Italia, da parte di qualcuno il cui scopo non può essere quello di nuocere direttamente al mio paese. Di per sé l’intervento, in prima battuta, non troverebbe una giustificazione. Del resto gli stati, fino almeno all’ottocento, si sono sempre comportati così. Ma poniamo, per assurdo, che Hitler avesse elaborato un progetto di distruzione di massa solo per gli ebrei tedeschi. In quel caso sarebbe stato giusto o no prendere le armi contro la nazione tedesca, anche se Hitler non avesse attaccato per primo? In altri termini, anche meno eventuali e più reali, cosa sarebbe successo se gli americani, che non erano attaccati direttamente dalle truppe tedesche, non fossero intervenuti? Ancora, ritornando a fare un esempio tratto dalla sfera personale, se una persona vede che uno sta aggredendo una terza persona, sarebbe giusto andarsene via indifferente, senza soccorrere chi è nel bisogno? Ovviamente no! Questo è il motivo per cui, a prescindere dal caso specifico, che va sempre analizzato in ogni particolare per evitare generalizzazioni assurde, io non solo ritengo giustificato un intervento in una cosiddetta “guerra umanitaria”, ma penso che sia ingiusto non intervenire, dimostrando così indifferenza ed egoismo! Ripeto, occorre evitare generalizzazioni, perché anche le truppe inviate per scopi umanitari potrebbero macchiarsi di crimini crudeli o efferati, ma non mi sembra il caso, questo, delle truppe italiane. Già da parecchi decenni l’esercito italiano si distingue, quando chiamato per missioni di questo genere, per attenzione alla popolazione locale, spirito di collaborazione, ecc…



Non giustificherei, invece, la cosiddetta guerra preventiva, cioè un’azione militare dettata dalla presunzione che qualcuno possa nuocere, ma prima che ci siano le prove di questo danno. Questo, da Cesare in poi, è solo un modo per mascherare altri scopi politici, indubbiamente meno nobili. Oltretutto questa guerra preventiva, che io ritengo non giustificata, potrebbe causare un risentimento, che può sfociare in una spirale di violenza senza fine.



In altri termini, la guerra deve essere l’extrema ratio, cioè l’ultima possibilità, una volta che la via della diplomazia, e quindi della ragione, ha fallito il suo obiettivo
2008-03-22 11:48:00 UTC
Nonostante la storia dell'uomo sia millenaria, l'umanità non sembra aver attraversato nessun periodo prolungato senza guerre.



La guerra, con i suoi orrori e le sue crudeltà, sembra appartenere al patrimonio genetico della specie umana.

È un poema sulla guerra, quella fra Greci e Troiani, il primo grande libro della civiltà occidentale, l'Iliade e anche oggi, che abbiamo ormai superato la boa del terzo millennio, la guerra divampa in varie parti del globo, guerre fra nazioni, ma anche guerre civili, interne ai singoli stati.



Eppure l'aspirazione alla pace fa ugualmente parte dei sogni dell'uomo, tanto che il massimo filosofo della modernità, Immanuel Kant, dedicò un volumetto importante allo studio delle condizioni che avrebbero condotto alla pace perpetua.



Perché allora l'uomo vuole il bene e fa il male? Perché la storia umana è un succedersi ininterrotto di atrocità, un "immenso mattatoio", secondo la definizione datane da Hegel nella sua Filosofia della storia? Perché la guerra?



Freud rispose a quest'ultima domanda affermando che nell'uomo c'è un'ineliminabile spinta aggressiva e distruttiva, che solo l'incessante processo di civilizzazione può tentare di tenere a bada.



Ma la guerra, questo "duello su vasta scala per costringere l'avversario a piegarsi alla propria volontà", come la definì Von Clausewitz, riconosce a mio avviso, ragioni supplementari; di carattere economico e ideologico.



Gli uomini entrano costantemente in conflitto, a causa di interessi e di visioni del mondo contrapposte e, almeno in apparenza, inconciliabili.



E, ritornando nell'ambito della psicologia, possono affacciarsi alla ribalta della Storia, favoriti da un preciso contesto economico e culturale, leader animati da una volontà di potenza distruttiva, dalla personalità gravemente disturbata, capaci di convincere le masse della giustezza dei loro propositi.

Di personaggi sanguinari e affascinanti allo stesso tempo, ne incrociamo di continuo, sfogliando qualsiasi manuale di Storia. Hitler, Stalin, Gengis Kahn, Caligola, Nerone, Tamerlano...



E, spiace ammetterlo, per un imperscrutabile mistero della natura umana persino persone colte e capaci di affetto autentico nei confronti dei propri familiari e della cerchia degli amici, riescono a macchiarsi di crimini infami nei confronti dell'umanità. È il caso, per esempio, di molti gerarchi nazisti, affabili nella quotidianità, che leggevano buoni libri e ascoltavano buona musica, capaci poi di pianificare freddamente lo sterminio di esseri umani innocenti.



I pacifisti sostengono che la guerra è diventata ormai nella coscienza evoluta, uno strumento obsoleto nella risoluzione dei conflitti. E hanno sostanzialmente ragione.Purtroppo non riescono a dirci cosa dobbiamo fare, in concreto, se imperi o nazioni sono pronti ad annientarci senza pietà.



La speranza di tutti va riposta nella costruzione di una Società delle Nazioni, giudice super partes, che abbia l'autorevolezza e la forza di dirimere le contese in nome di leggi e di regole chiare, stipulate in precedenza. Qualcosa che assomigli all'Onu di oggi, ma riveduta e corretta, più giusta ed efficiente.

La pace e non la guerra è ciò di cui noi e le generazioni future abbiamo bisogno.





vedi prendine spunto;) spero vada bene;) buona fortuna!


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
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