Domanda:
pirandello??
robytta
2008-06-24 14:29:56 UTC
aiutooo..pirandello a quale corrente letteraria si può collegare?! e xkè?!
Sette risposte:
anonymous
2008-06-24 14:41:41 UTC
Pirandello è solo membro del pirandellissimo.Ci hanno provato in tutti i modi a incasellarlo: dal verismo accostandolo al Verga al decadentista con D'annunzio fino all'esistenzalista ma Pirandello non si può inquadrare.E' una sua grande qualità.

Come potrai vedere anche su internet, ancora oggi qualcuno pretende di farlo definendolo ora decadente ora esistenzialista ecc.Un opinione comune non la troverai mai perche non era legato a nessuna di queste correnti in particolare!
MadMarty88
2008-06-24 14:43:04 UTC
Anch'io avevo questo dubbio atroce..

la mia prof di lettere mi ha detto che

non è riconducibile a nessuna corrente

in particolare poichè visse in un periodo

di transizione e quindi il suo estro

attinge un pò da tutte le correnti dell'epoca..

esattamente come Svevo !!

Verismo, decadentismo ecc.

Pirandello le include tutte nelle varie opere..
anonymous
2008-06-25 04:10:21 UTC
allora, la questione e` questa, ben spiegata nel mio libro, tra pirandello e il decadentismo, eta` in cui nacque. come nel decadentismo, pirandello rifiuta i valori dati dalla realta` borghese tecnologica e industriale, ovvero i valori economici. Ma mentre i decadentisti opponevano a questi valori economici una realta` che andava al di la`, che era capace di colgiere il vero NOUMENO delle cose, e non il FENOMENO (raggiunto tramite la scienza borghese). pirandello invece non trova ne` vuole trovare una altra realta`, perche` ritiene che la vera realta` non si possa cogliere, che il noumeno sia irragiungibile.



decadentisti rifiutano la realta` borghese,

i suoi valori e la

volonta` di capire

la realta` attraverso

la scienza.



a cio` oppongono

il noumeno, raggiungi=

bile attraverso la

poesia.



pirandello



rifiuta la realta`

borghese e i suoi

valori economici







a cio non oppone

nulla, perche` tutto

e` falso, frutto di

una forma







In conclusione, Pirandello visse e si sviluppo nel decadentismo, ma con oppportune differnze.
Francesco F
2008-06-25 00:24:56 UTC
ciao io ho fatto questo all' esame quindi credo che ' ottimio LUIGI PIRANDELLO



Nacque a Girgenti (oggi Agrigento) nel 1867. Nel 1891 si laureò nell’università di Bonn e due anni dopo si trasferì a Roma, dove insegnò lingua e letteratura italiana nell’Istituto superiore di Magistero dal 1897 al 1922. Nel 1926 allestì una propria compagnia teatrale per rappresentare i suoi lavori in Italia ed all’estero. Nel 1934 ottenne il Premio Nobel e due anni dopo morì a Roma.



Egli esordì, come verista, con novelle paesane, ma fin dall’inizio il suo verismo fu caricaturale e grottesco, mirante piuttosto a distruggere la realtà che a rappresentarla. Costantemente estranea fu al suo mondo poetico ogni problematica morale ed attraverso le novelle ed i suoi primi romanzi venne definendo la sua concezione della vita che si basa su di un esagerato, esasperato soggettivismo, secondo cui la realtà non avrebbe una sua oggettività, ma assumerebbe tanti aspetti diversi quanti sono gli uomini che la osservano; anzi essa cambierebbe anche a seconda dei vari momenti in cui viene a trovarsi il singolo uomo. La medesima cosa capiterebbe all’uomo: io non sono nella realtà quello che sono, ma quello che appaio a ciascuno degli uomini con i quali vengo a contatto; e poiché la mia personalità non ha senso al di fuori del contatto con la società, è evidente che io creda di essere “uno”, essendo invece “centomila” e praticamente “nessuno”, dato che nelle mie centomila apparizioni in pubblico non posso rappresentare mai il vero “me stesso”. Ne consegue l’impossibilità dell’uomo di comunicare con gli altri, dal momento che a lui sfugge, in ogni incontro, chi egli sia per l’altro. O tutt’al più, se egli presume di aver intuito “chi” sia per l’altro, potrebbe anche comunicare con l’altro ma non in modo “autentico”, sì invece indossando una “maschera” per compiacere all’altro.



Da ciò una desolante solitudine che determina come effetto o un cieco furore contro la società o un brutale impulso al suicidio.



Questa drammatica visione dell’uomo (cui fa riscontro, in violento contrasto, la pacata, incosciente ed innocente vita della natura) non fu dal Pirandello posseduta con equilibrio intellettuale, ma piuttosto fu vissuta con profonda passione, sicché non si compose in un’organica e serena sistemazione filosofica, ma si espresse unicamente nelle forme fantastiche della sua arte, impegnando il sentimento ora in una polemica contro la società, ora in uno stato di dolorante pietà per gli uomini. Questi furono, pertanto, i motivi fondamentali della sua arte, quali si riscontrano in tutte le sue opere e quali si andarono sempre più approfondendo dalle opere giovanili a quelle della piena maturità.



Ma la ribellione di Pirandello era una ribellione anarchica, nel senso che fu conscia della crisi dell'individuo e della società, ma non fu capace di cogliere le cause di questa crisi e di proporre dei rimedi.



Ecco perché, per vari aspetti, il Pirandello è da inquadrare nel nostro Decadentismo: per quel suo sentimento di solitudine, per quella sua tendenza a scrutare nel sub-conscio piuttosto che nella coscienza dell’uomo, per quel suo impegno a far tutt’uno della vita e dell’arte e, infine, per quella sua volontà di svincolarsi dalle forme espressive tradizionali per dar luogo ad uno stile originalissimo ed autarchico.



La poetica e l'arte

Il Pirandello spiega la propria poetica in maniera organica nel saggio “L’umorismo” (1906-1908), in cui teorizza una forma d’arte, da lui definita “umorismo”, fondata sul “sentimento del contrario”, che egli esemplifica pressappoco così: se incontriamo una donna non più giovane, anzi decisamente avanzata negli anni, che indossa abiti giovanili, si trucca come una signorinella, assume atteggiamenti forzatamente scanzonati come quelli di una adolescente, certamente costei, con la sua complessiva goffaggine, ci indurrà al riso e forse anche allo scherno. Ma se riflettiamo sui motivi che hanno indotto quella donna a costruirsi una siffatta “maschera” e, magari, sospettiamo che ella sia stata indotta a tanto perché ossessionata dall’idea di non piacere più al suo uomo, allora quell’iniziale nostro atteggiamento di scherno si muta in un sentimento di pietà verso il dramma intimo della donna.



L’umorismo del Pirandello si basa tutto su codesto “sentimento del contrario” che, come nota il Guglielmino, consiste in «una contemporanea presenza di rappresentazione e di riflessione, su una disposizione dell’artista a vedere sotto l’orpello delle verità conclamate la sostanziale precarietà, a scomporre i vari momenti della nostra personalità e coglierne le contraddizioni».



Ma l’arte maggiore del Pirandello va ricercata soprattutto nella sua opera di drammaturgo. Egli segna nel teatro una svolta decisiva. Prima di lui il teatro s’era proposto di portare in scena uno spaccato della realtà oggettivamente intesa e rappresentata con l’arte del verosimile. Ma per Pirandello, che esclude l’oggettività della realtà, ciò è impossibile. Egli perciò, mentre da un lato ribadisce, nei suoi drammi, che la realtà oggettiva non esiste in quanto ognuno la interpreta a suo modo, determinando così la propria incapacità di avere relazioni costruttive con gli altri [“Così è (se vi pare)”], dall’altro tende ad affermare «il tragico conflitto immanente - sono parole sue - tra la vita che di continuo si muove e cambia e l'arte che la fissa, immutabile». A quest’ultimo fine dedica le tre commedie del cosiddetto “teatro nel teatro” (“Sei personaggi in cerca d’autore”, “Ciascuno a suo modo” e “Questa sera si recita a soggetto”), nelle quali tratta il tema del contrasto tra personaggi e attori, tra registi e attori divenuti personaggi, tra autori, attori e spettatori. Uno dei sei personaggi in cerca d’autore, insoddisfatto di come l’attore lo interpreta, così si sfoga col regista: «Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non c’intendiamo mai!».



Certamente i drammi del Pirandello appaiono a volte appesantiti da lunghi e sottili ragionamenti, paradossali e apparentemente assurdi, ma nella rappresentazione dell’ “incomunicabilità” che affligge l’uomo ed è la sua tragica condizione esistenziale, appare evidente un profondo senso di “pietà” verso l’uomo, una pietà che si fa poesia. «Le opere teatrali (circa quaranta) del Pirandello - ammette giustamente il Floccia - contengono molte pagine belle di sincero sentimento lirico, di profonda umanità, di accorata tristezza e pietà per il destino e la fragilità dell’uomo; però presentano non pochi difetti, come l’umorismo spietato e distruttore, l’eccessiva impostazione intellettualisti­ca delle vicende, l’uniformità dei motivi e dei problemi trattati, lo squallore di intrecci contorti e stentati, il cerebralismo di personaggi che non vivono le loro azioni, ma le analizzano con dialettica sottile, quasi sofistica, e tono predicatorio. Tuttavia l’arte pirandelliana, malgrado i limiti, con il suo messaggio umano ha fatto sentire il suo influsso sui drammaturghi moderni, italiani, europei e americani».



Le opere

Luigi Pirandello scrisse numerose novelle, successivamente raccolte nei volumi delle “Novelle per un anno” (sono però meno di 365); i romanzi: “Il fu Mattia Pascal” (1904), “I vecchi e i giovani” (1913), “Uno, nessuno e centomila” (1926), ecc.; i drammi: “Lumìe di Sicilia” (1911), “Pensaci, Giacomino” (1916), “Così è (se vi pare)” (1918), “La patente” (1918), “Sei personaggi in cerca d’autore” (1921), “Enrico IV” (1922), “Questa sera si recita a soggetto” (1930), ecc. (in tutto sono circa quaranta). Qui tratteremo solo di alcune delle sue opere.



1. Novelle per un anno.

Sono 246 novelle composte a partire dal 1894 e fino alla morte dell’Autore. Le prime sono di ispirazione verista, ambientate nel mondo paesano della Sicilia (“La giara”, “Ciaula scopre la luna”, ecc.), ma già presentano la tendenza del Pirandello verso il grottesco ed il paradossale. Questa tendenza si va approfondendo e raffinando nell’umorismo e nel sarcasmo con cui l’Autore disegna l’universo assurdo in cui è costretto ad affogare l’individuo disperatamente alla ricerca di una propria identità che non può trovare (“La signora Frola e il signor Ponza, suo genero”, “La carriola”, ecc.). Le ultime novelle mostrano un certo surrealismo, che culmina in “Soffio”, il cui protagonista scopre di potere spegnere la vita delle persone con un semplice soffio e resta sgomento e atterrito di fronte agli effetti che produce intorno a sé, finché egli stesso non si dissolve in un alito.



2. Il fu Mattia Pascal.

Per far fronte alla sua precaria situazione economica, il Pirandello accettò di scrivere un romanzo per la “Nuova Antologia”, che glielo pubblicò a puntate, man mano che lo componeva (quasi sempre di notte, mentre vegliava la moglie gravemente ammalata, e senza alcun piano prestabilito) tra l’aprile ed il giugno del 1904. Il romanzo vide poi la luce integralmente nel 1910.



Mattia, di famiglia benestante, rimasto orfano dei genitori, si trova ben presto in rovina per i furti dell’amministratore dei suoi beni. E' così costretto ad accettare un posto di bibliotecario comunale, che gli viene offerto per misericordia, e si rassegna ad una vita grigia e mortificante, resa più penosa dalle continue angherie della suocera. Alla mo
anonymous
2008-06-25 03:38:29 UTC
nn è collegabile a nex corrente letteraria...xk lui si interessava al teatro...
Rodo
2008-06-24 14:39:45 UTC
πωρχωδιω, collegalo a svevo e lascia stare le correnti letterarie
becchyna
2008-06-24 14:35:25 UTC
tardo decadentismo....


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
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