Domanda:
help entro domaniiii seraaa!! 10 pt!!?
serept93
2008-01-08 13:34:43 UTC
ciao a tutti... ho bisogno urgente entro domani sera di materiale su un tema da svolgere... la traccia è questa: la società moderna produce violenza: per le strade ecc. le tue riflessioni e cosa si dovrebbe fare per arginare questo problema...
si accettano link con documenti corrispondenti alla traccia, commenti con i vostri pareri e informazioni utili!! 10 punti a chi mi aiuta di più!!
Quattro risposte:
!!angioletto!!
2008-01-08 13:42:37 UTC
Come possiamo spiegare la violenza che domina e avvelena tutta la società, la famiglia, i singoli? I motivi sono diversi e le spinte verso il ricorso ad essa sono egualmente svariati: motivi di interesse economico, di interesse politico, e così via. Una sola spiegazione appare però certa e fondamentale: lo scarso valore dato alla vita e all'esistenza dell'uomo che affonda le sue radici in quella concezione che vede l'uomo, padrone del mondo, al centro dell'universo, capace di disporre la realtà esterna a proprio piacimento. Questa concezione ha portato gli uomini a chiudersi in se stessi, a ripiegarsi alla vita e alla società; poi hanno cercato di dare alla loro esistenza un significato concreto, pragmatico: agire per ribaltare tutto quanto la società aveva costruito fino allora nell'ambito della morale, del diritto, delle regole di condotta in genere. Il bisogno di uscire fuori dai parametri sociali comuni, di evadere a qualunque costo, ha portato all'uso della droga, alla violenza come mezzo di evasione e di ribellione ai quadri sociali esistenti, alla necessità del facile guadagno, al disprezzo per la vita. Questo clima ha arrecato un affievolimento persino dei vincoli familiari, alla violenza contro tutti e anche contro se stessi. Ecco che nascono dei mostri come i due ragazzini di Novi Ligure, un caso molto discusso e non ancora del tutto risolto. Cosa avrà spinto questi due giovani a compiere questo indicibile atto di violenza? Gli interrogativi sono tanti, le risposte, poche, forse perché si è ancora presi da una sorta di incredulità nei confronti di questo gesto. Un aspetto terribile è che la violenza, col passare del tempo, va aumentando sempre più; ormai, gesti un tempo impensabili, oggi sono all'ordine del giorno e vengono quasi considerati "normali"; si cerca in tutti i modi di discolpare chi invece è da condannare, fornendo così un cattivo esempio per il prossimo.



Secondo il mio parere ogni tipo di violenza è punibile,ma non certo con la pensa di morte..come fanno da alcune parti...perchè come ho detto in una precedente domanda..non si può combattere la violenza,utilizzando la stessa violenza...perchè è un controsenso...mentre si può sicuramente punire... togliendo la libertà(mandando quindi in carcere) la persona ke lo merita..perchè nulla per un uomo è più importante della libertà... è come l'aria che respiriamo...fondamentale

baci
Iostosopralenuvole
2008-01-08 20:49:03 UTC
http://www.jacopofo.com/?q=node/2288



vedi anche qui..................cosa fare
2008-01-08 13:47:41 UTC
Sempre più spesso i mezzi di comunicazione di massa riportano fatti di cronaca nera particolarmente cruenti, agiti da adolescenti. C'è sempre un avvenimento che fa più notizia di un altro e allora diventa traino per tutta una serie di notizie simili e ancora più oscure, che portano ad interrogarsi su cosa stia accadendo alla e nella società. In realtà atti di violenza adolescenziali efferati in famiglia o tra vicini di casa sono sempre accaduti, ma oggi più che mai tornano a far parlare di sé. E' la violenza che torna a riempire le prime pagine dei giornali e si aprono ampi dibattiti intorno ad essa che coinvolgono i professionisti più diversi: sociologi, psicologi, assistenti sociali, educatori, giuristi ed anche religiosi. Si analizza perché un quindicenne ha accoltellato davanti la scuola la sua ex fidanzata anche lei di quindici anni; perché tre ragazzini poco più che adolescenti sono entrati di notte nell'abitazione di un'anziana signora e l'hanno seviziata per ottenere pochi spiccioli e poi le hanno dato fuoco; ma si cerca di capire anche perché alcuni ragazzi terrorizzano i loro coetanei dai quali riescono ad estorcere denaro e telefonini. E tornano sempre alla mente le immagini di pochi anni fa quando in un supermercato inglese due bambini rapirono un altro bambino di due anni e poi spezzarono la sua vita sui binari di una ferrovia. Perché gli adolescenti, o meglio una parte di essi si comportano in questo modo? Rubano per divertimento, seviziano per noia, terrorizzano per ingannare il tempo e una società moderna come la nostra, altamente tecnologizzata e all'avanguardia, dove sempre più spesso si riscoprono anche i valori positivi della vita, non riesce a porre un freno alla violenza giovanile. Eppure questi ragazzi non sono criminali di professione. Ma cos'è la violenza? Nel cercare una motivazione, è definita come una declinazione del comportamento umano intenzionale che può avere diversa origine, a seconda della prospettiva da cui si analizza: per cui si va dalle radici biologiche dell'aggressività (sistema limbico, neurotrasmettitori legati alla serotonina, sistema neuroendocrino), ad uno specifico istinto di morte (il Thanatos freudiano), da cause derivanti l'assunzione di alcool o dall'uso di sostanze stupefacenti, alle forme di disagio estremo. Ed è proprio il fattore ambientale/culturale ad influenzare maggiormente i comportamenti che potremmo definire devianti. Un rapporto deteriorato tra l'adolescente e la famiglia e tra l'adolescente e le agenzie di socializzazione, determina una mancata acquisizione delle norme culturali di convivenza. "Si evidenzia un inceppamento nei meccanismi sociali che regolano il processo di socializzazione ed integrazione, che assume pertanto i contorni di una patologia individuale e induce l'adolescente ad esibire comportamenti non conformisti"(Helios Magazine). La mancata introiezione delle norme sociali si associa a quelle morali che vengono così alterate, tutto ciò determina da una parte destabilità individuale e dall'altra allarme sociale. Ma ogni azione ha la propria sua ragione scatenante. Si possono indubbiamente chiamare in causa una serie di elementi che sono determinanti: in primis i rapporti familiari. Ben sappiamo come abbia mutato forma il concetto stesso di famiglia in questi ultimi anni, non solo nell'aspetto delle specificità funzionali al suo interno ma anche come rete di sostegno e soprattutto di guida, dal momento che la famiglia è anche il luogo eletto nel tramandare la propria cultura di riferimento. Ma anche gli adulti sono sottoposti a forti conflittualità che nascono dalla eccessiva competitività, dal desiderio di potere, dall'autoaffermazione a tutti i costi, dall'edonismo e quando non raggiungono il pieno soddisfacimento dei loro bisogni secondari, riversano immediatamente le frustrazioni e i fallimenti all'interno del nucleo familiare, rendendo ancora più confuse le idee e i principi. Subito dopo viene la società intesa come macrocosmo che è sempre più presa nelle maglie della sua rete e sempre più spesso mostra il suo aspetto peggiore e paradossalmente per questo più attraente: l' eccesso di offerta, l'iperstimolazione cognitiva, il consumo estremo, si riflette sull'adolescente che non ha ancora maturato una piena coscienza critica. A questo va aggiunta la più grande lusinga della modernità: l'esaltazione della libertà e del rischio. Da ciò scaturisce una individualità fragile, frammentata, disorientata e insicura che assume la violenza come mezzo di comunicazione. L'azione di violenza come normalità, come mezzo di risoluzione ai propri problemi e alle difficoltà scaturisce dalla mancanza del valore normativo, come già detto, ed anche dalla sua continua rappresentazione mediatica che proprio perché incessante rende assuefatti e quindi insensibili ad essa e alle vittime della violenza. Per questo è tradotta come usuale e quindi utilizzabile. Per questo si ricorre ad essa per rimuovere qualunque ostacolo. Con ciò non si vuole affermare che vi sia una diretta discendenza causa-effetto, vedo-violenza agisco-violenza, ma è chiaro che nei soggetti particolarmente sensibili e suggestionabili l'esposizione continua ad input di tipo volgare, violento, maleducato, produce inevitabilmente degli effetti. Effetti di normalità appunto, e non c'è l'interpretazione, l'analisi critica che permette di considerare la violenza come uno degli elementi di un racconto vero solo virtualmente, che si evidenzia in una trama che gli da senso, ma la violenza viene considerata "come pura scena, azione che si legittima in sé e per sé" (F.Prina, 2003). Dalle statistiche ufficiali poi sappiamo bene quanto tempo gli adolescenti passino davanti alla televisione, che per quanto possa essere gestita da codici di fasce orarie, in realtà trasmette tutto e di più in continuazione, determinando così l'acquisizione diretta di modelli che non hanno riscontro immediato nella realtà e, come se sottoposti a messaggi subliminali in una confusione continua di segnali, alcuni adolescenti finiscono con l'adottare un atteggiamento di onnipotenza e diventano depositari di diritti senza limiti, "estesi, di doveri sociali e relazionali accettabili solamente in una logica di massimizzazione dei profitti individuali. Vi si coglie la considerazione se strumentale ai propri fini (di un indivudo), ma essenzialmente assente come persona titolare di diritti meritevoli di tutela e rispetto"1.Questa consapevolezza ci aiuta a comprendere anche il rapporto che l'adolescente intrattiene con chi gli sta attorno. Certamente anche il livello culturale incide e non poco sugli atteggiamenti, volendo intendere per cultura sia ciò che viene acquisito attraverso la frequenza scolastica che il luogo in cui si vive. Molto spesso infatti i ragazzi che commettono reati hanno abbandonato la scuola dell'obbligo e vivono in paesi o città con forti problemi economici, luoghi dell'entroterra con poche o totalmente assenti strutture destinate ai giovani, zone chiuse anche geograficamente, e spesso appartengono a famiglie che non hanno alti livelli di istruzione. Ma tra loro ci sono anche adolescenti che vestono e vivono alla moda, che hanno gli scooter più potenti, che hanno i cellulari di ultima generazione e questo perché magari i genitori lavorano dodici ore al giorno semplicemente per non far mancare loro niente. Ma gli oggetti, anche se firmati, sono niente.Questo potrebbe essere inteso come il classico stereotipo o al meglio il prototipo della vita del deviante: è normale pensare che chi vive ai margini di una società opulenta e sempre più sorda ai richiami di aiuto di carattere economico e sociale, finisca con lo sfogare la propria rabbia sulla società stessa. Ma è una visione un po’ riduttiva di una questione invece diversa. E' chiaro che questo è solo uno degli aspetti di una realtà che è molto più sottile e complessa, perché è altrettanto vero che sempre più spesso sono i figli delle famiglie bene a macchiarsi di colpe gravi. E questo apre tutta una serie di altri interrogativi a cui è veramente difficile dare una risposta: la noia come motivo o giustificazione è veramente troppo poca. Ma c'è anche un altro elemento di cui non possiamo non tenere conto che concorre alla confusione adolescenziale: il consumo. Non solo la merce da possedere a tutti i costi, quella stessa merce che identifica l'adolescente e lo connota nel mare magnum della società; quegli oggetti che tradiscono lo status o gli orpelli che comunicano il ruolo, ma anche il tempo dell'acquisizione di un qualcosa. Baumann afferma: "I consumatori sono principalmente raccoglitori di sensazioni: sono collezionisti di cose solo in un senso secondario e derivato. L'individuo moderno assume il ruolo di collezionista di piaceri o più precisamente di cercatore di sensazioni"2 e se queste sensazioni vengono appagate con un gioco al limite, al limite delle regole giuridiche, morali ed anche fisiche, tanto meglio! Non è il possesso vero che gratifica è come viene percorsa la strada per averlo. Gli atteggiamenti al limite, trovano però terreno fertile in una società che per una serie di motivi, ha visto il senso della legalità declinare, o meglio il legame morale e l'adesione pratica alle norme, anche quelle che prevedono sanzioni amministrative o penali, ha perso potere. Ciò non significa che si è venuta a creare la società della violenza ma l'illegalità è divenuta pratica diffusa e da parte dell'individuo c'è sempre una sorta di autoassoluzione da un punto di vista morale: il ricorso a tale prassi è giustificata dalla difficoltà del vivere quotidiano. Questo è ancora più vero tra gli adolescenti che hanno perso il senso del limite e in una sfida continua con se stessi e il gruppo di amici o se stessi e le istituzioni, vanno alla ricerca continua del rischio per dimostrare la loro forza e la loro diversità. E diventa una eccitazione mentale che li porta a misurarsi con ciò che più temono: la paura e la morte. E' come se attraverso l'azione violenta esorcizzassero la paura per essa e in un delirio di onnipotenza pensassero di poter essere i Signori e decidere quindi della vita e della morte delle vittime che cadono sotto le loro mani. Si spiega così anche perché a volte capita che giochi pericolosi si trasformino in tragedia. La non capacità di comprendere il limite e la sopravvalutazione delle proprie potenzialità innesca dei meccanismi perversi che possono avere solo tragici epiloghi. E' il caso dei sassi lanciati dai cavalcavia, degli stupri di gruppo sulle coetanee, delle sevizie anche sugli animali. Perché il reato contro la persona è molto più stimolante rispetto a quello sul patrimonio; vedere una vittima che implora pietà significa magnificare il proprio delirio di onnipotenza. C'è indubbiamente un sub-cultura giovanile che ha perso il senso della norma e del diritto e che si sta perdendo nell'idea che la violenza sia la via più semplice per ottenere con facilità tutto ciò che si desidera e che vede l'altro solo come un ostacolo da rimuovere per il pieno soddisfacimento dei propri desideri. Oggi, come si evince da alcuni studi condotti sul fenomeno delle devianze giovanili come quello del volume Devianza e disagio minorile. Caratteristiche ed aspetti giudiziari (www.comune.verona.it), le denunce alle Procure presso i Tribunali dei minorenni riguardano i reati commessi da minori imputabili, che hanno un'età compresa tra i 14 e i 17 anni, e non imputabili, con meno di 14 anni. Dal 1993 al 1999 si è avuto un incremento del 1,2%, senza contare la componente straniera. Tra questi sono diminuiti i reati commessi da minori di 14 anni, ma sono aumentati i delitti legati alle lesioni personali volontarie e quelli colposi. Per quanto riguarda i minori imputabili è possibile verificare che su 100 adolescenti solo per 72 è iniziata l'azione penale con la formale imputazione da parte del Pubblico Ministero e solo 11 di essi sono condannati con sentenza definitiva. La risposta istituzionale al minore infatti che ha commesso reato è passata da un modello punitivo-correzionale a quello rieducativo, fino ad arrivare oggi ad un modello di "giustizia riparativa" (G. De Leo; P. Patrizi, 2003). E l'azione di recupero dei ragazzi si basa più sull'osservazione della personalità del minore che sulla gravità del crimine commesso, preferendo alle condanne, programmi alternativi di intervento. Come si afferma nello studio su citato, si nota che il rapporto percentuale tra l'inizio dell'azione penale e la denuncia riguarda gli omicidi nel 98,8%, le rapine nel 95,4% e l'omicidio volontario nel 93,8% e si osserva come siano gli autori di rapine ad avere una probabilità maggiore di essere condannati, il 31,1% rispetto a quelli che hanno commesso un omicidio, il 25,8%. Questo da anche significato alla presunta impunità di alcuni minori che si sono macchiati di omicidio: si tratta in realtà di un tentativo di recupero lontano dai luoghi di detenzione. E' a questo punto che scatta la stretta collaborazione tra la società e l'istituzione: attraverso programmi mirati, percorsi di analisi, progetti di inserimento e con la stretta collaborazione tra le risorse familiari e/o ambientali del minore. Le misure cautelari non detentive o quelle sostitutive o alternative alla detenzione sono finalizzate al recupero sociale dell'adolescente e alla comprovazione della sua sanità e quindi della non pericolosità sociale. Ma la domanda d'obbligo che si impone è se coloro i quali si sono macchiati di grossi reati, quali il delitto, possano essere recuperati socialmente e come la società stessa possa accettarli e reintegrarli normalmente nel suo tessuto. Partendo dal presupposto che la devianza è "la violazione alle norme, alle regole, ai modelli o alle aspettative istituzionalizzate di una data società e che è un comportamento censurato, stigmatizzato, penalizzato e proibito a cui viene attribuito una carattere di disfunzionalità e di pericolosità nei riguardi del sistema, implica qualche forma di condanna morale non necessariamente formalizzata"(U. Fabietti, F. Remotti, 2000), si trova difficile che una data comunità possa dimenticare e assumere atteggiamenti del tutto normali con chi normale non è stato. Molto spesso infatti i ragazzi che concludono il percorso di riabilitazione sociale o sono inseriti direttamente ma con un ruolo diverso all'interno di quel percorso o cercano di ricominciare a vivere da un'altra parte. Oltre a come la società può accettarli c'è anche da capire come si accettano loro stessi nel momento in cui acquisiscono piena consapevolezza delle loro azioni e poi c'è la famiglia. Certo è che se alcuni genitori prendessero coscienza, con coraggio, della presenza di un problema, che i loro figli hanno dei comportamenti che destano dubbi e perplessità, si potrebbe sicuramente intervenire per tempo e magari evitare anche che alcune situazioni precipitino in fatti sanguinosi. Infatti quando si apprende dai mezzi di comunicazione avvenimenti cruenti, subito si chiamano in causa i Servizi Sociali: è possibile che nessuno si è accorto di nulla? La verità è che sempre più spesso gli insegnanti che sono a contatto con i ragazzi particolari rendono noto ai genitori che non tutto è nella norma, ma è difficile per un genitore accettare che il proprio figlio viva in maniera sbandata e a-morale. Magari si assumo atteggiamenti di bonari rimproveri o di punizioni troppo severe che hanno come risultato l'inasprimento dei comportamenti devianti, avvicinando sempre di più l'adolescente a quel gruppo di ragazzi che vivono le sue stesse condizioni, tra i quali magari ci sono adolescenti più avanti nelle loro trasgressioni. Come ripetiamo, quello che si sta prendendo in considerazione è solo un particolare aspetto di una realtà più complessa, stiamo parlando dei ragazzi cosiddetti normali, che improvvisamente compiono qualcosa di aberrante. Ciò che più spaventa è la lucidità con cui portano a compimento le loro azioni e durante i processi l'estraniazione da ciò che è accaduto, quasi fosse stato commesso da altri. Allora si torna a discutere della categoria adolescente, con le sue caratteristiche e i suoi stati di sviluppo; è difficile pensare che in un individuo, poco più che bambino possa esserci tanta ferocia e tanta malvagità. Sicuramente un modo efficace con cui la società può proteggere e difendere i suoi più giovani rappresentanti è creare una rete morale solida che si basi su valori condivisi che riguardano soprattutto la dignità della persona, il senso e l'importanza della vita individuale, il rispetto e l'accettazione. Ma non è facile quando i messaggi che passano in continuazioni sono di morte o di sopraffazione, modello di vita molto diffuso. L'esaltazione della forza, fisica e materiale è estesa praticamente ovunque: dai videogiochi al lavoro; dalle fiction allo sport. Il proibito, il non-regolare ha molto più appeal che il suo contrario, ma non tutti hanno la forza di sottrarsi a questi giochi quando sono ancora in tempo. Bisognerebbe allora prevenire e agire specialmente presso coloro che sono a rischio, che danno da subito una maggiore dimostrazione dell'essere borderlyne; per quelli che invece covano la crudeltà all'ombra della sicurezza e della normalità familiare, è chiaro che è più difficile se non impossibile. La destrezza di chi opera nel sociale è la capacità di comprendere il disagio, di saperlo leggere e interpretarlo senza falsi pudori e finte morali e quindi di prevenire quella che si potrebbe definire: la patologia sociale.
gabry.gabrix
2008-01-08 13:41:37 UTC
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